Caso Straccia, il padre: "Cerchino i testimoni mai sentiti"

19.02.2013 11:37

Caso Straccia, il padre: "Cerchino i testimoni mai sentiti"

 

Fermo, 11 febbraio 2013 - «SE QUALCUNO è in grado di fornire elementi utili a capire come è morto nostro figlio, chiami il numero verde 800 960 473 dell’associazione Neutro Plurale». E’ questo l’accorato appello rinnovato ieri dai coniugi Straccia, anche tramite la trasmissionedi Canale 5 “Domenica Live”, per cercare di ottenere la verità sulla morte di Roberto.
Tramite il nostro giornale, il papà Mario vuole rinnovare l’appello in maniera ancora più mirata, visto che dalla Procura di Pescara, che indaga sul misterioso decesso, ha ottenuto la possibilità di avere le copie di filmati inediti, che dimostrano come dietro a Roberto, oltre ai due runner già ascoltati dagli inquirenti (nella foto sopra con il volto coperto), spuntino una terza persona, calva e vestita di nero, e due donne mai identificate. «Ci interessa in particolar modo - dice Straccia - il signore vestito di nero che potrebbe essere fondamentale per le indagini. Ed è per questo che chiedo a tutti quelli che hanno visto e alle persone che compaiono nelle immagini di farsi vivi, contattando il numero verde dell’associazione che da più di un anno ci sta affiancando in questa terribile disavventura». La mamma Rita coglie ancora l’occasione per respingere l’ipotesi del suicidio: «Una madre, in cuor suo, sa se il figlio può compiere un gesto del genere. Roberto non l’avrebbe mai fatto: stava bene, era felice e attraversava uno dei momenti più belli della sua vita. Sono convinta che qualcuno gli abbia fatto del male e lo abbia costretto ad entrare in acqua».

 

In affetti, dalla ricostruzione degli ultimi giorni di vita del ragazzo, appare davvero difficile ipotizzare qualcosa di diverso da quello che pensa la madre. Tanto più se si analizza il referto dell’autopsia in cui si parla di morte per annegamento, senza però la presenza di fratture, ferite o ecchimosi da caduta. Gli esami tossicologici hanno poi dimostrato che il ragazzo non aveva assunto droghe, alcolici o farmaci tranquillanti. Dunque, se fosse scivolato in spiaggia, si sarebbe tranquillamente potuto rialzare, mentre se fosse caduto dal famoso ponte sul mare, sul corpo dovrebbero esserci i segni della caduta. Ecco allora che interviene nuovamente il papà: «Se gli inquirenti sono così convinti che si sia trattato di un suicidio o di un incidente, mi dicano in quale tratto del lungomare è accaduto e come. Mi dimostrino le loro convinzioni con prove certe. Quello che mi chiedo è: perché invece di fossilizzarsi in un’unica direzione, gli inquirenti non hanno mai preso in considerazione questa terza persona che seguiva mio figlio e che potrebbe essere un testimone chiave?».

Quella di Roberto è una vicenda che prende il via il quel drammatico pomeriggio del 14 dicembre 2011, quando il ragazzo esce di casa per andarea fare la solita corsetta sul lungomare di Pescara. Le sue tracce si perdono dopo l’ultimo avvistamento di una telecamera poco prima delle 15. Sarà ritrovato morto 24 giorni dopo in una scogliera barese. Inizialmente, il decesso viene fatto risalire all’ora della registrazione della telecamera. Poi la svolta delle indagini che convince la Procura di Bari a chiedere una proroga di altri sei mesi: la nuova perizia sull’i-Pod conferma che l’apparecchio usato dal ragazzo per ascoltare musica, cadendo in acqua, siè spento in 40 o 50 secondi al massimo. Un particolare che spazza via definitivamente le prime teorie. La perizia stabilisce che l’i-Pod di Roberto ha smesso di funzionare poco prima delle 17. E’ quella per i magistratibaresi l’ora della morte. Ma allora cosa è accaduto in quel lasso di tempo? Un quesito inquietante a cui ora più che mai sono chiamati a dare una risposta i magistrati abruzzesi, visto che l’indagine è tornata nuovamente a Pescara per competenza territoriale.